Ci siamo a lungo interrogate sul
motivo che ci ha spinto a pensare e raccontare la differenza e l’identità
femminile. E non abbiamo trovato altre risposte se non questa, la più semplice
eppure la più autentica: il tema della differenza si è imposto naturalmente, in
quanto tema che ci appassiona proprio perché ci riguarda. “Pensare la
differenza” parla di noi.
Raccontare
eccede la realtà, ridisegnandone sempre nuovi e inattesi significati, anche se
forse non esaurisce il compito di far essere attraverso le parole: non riesce
fino in fondo a dar conto di luoghi, presenze, colori, pensieri, incontri….!
L’intero
progetto può essere così riletto come preziosa tessitura di dialoghi e
relazioni.
E
questo scambio non dovrebbe interrompersi mai, come testimonianza, desiderio di
continuare, negli anni, l’esperienza avviata oggi.
Mi
pesa essere una donna: una donna ha pronunciato questa frase. “Mi pesa essere
una donna” sarà la traccia di un’ultima opacità o di un residuo anacronismo, ma
segna in ogni caso una asimmetria, un modo duplice di stare al mondo, di
sentirsi pienamente partecipi di esso e insieme straniere.
Essere
donna è un fatto, nel senso in cui Hannah Arendt nominava la nudità e
irrevocabilità di ciò che è, di ciò che accade e che non è in potere dell’agire
umano di cambiare. La nascita è per Hannah Arendt il prototipo della nudità di
ciò che è, in quanto incarna l’accadere nel suo aspetto di miracolo, di
irruzione del nuovo, dell’imprevisto nella regolarità dei processi naturali e
insieme attesta la durata, la persistenza e preesistenza di un mondo senza la
cui accoglienza e ospitalità ogni novità sarebbe scaraventata nel vuoto e
destinata a naufragare. E’ un dato di fatto nudo e irrevocabile che nascano
uomini e donne e che non l’Uomo, ma uomini e donne abitino la Terra in una
dimensione originaria di pluralità e di essere insieme. Ma nel momento in cui
quel nudo dato di fatto accade nella sua qualità di evento unico e irripetibile
– “sono una donna, è accaduto qualcosa” .
"E’ un dato di fatto nudo e irrevocabile che nascano uomini e donne e che non l’Uomo, ma uomini e donne abitino la Terra in una dimensione originaria di pluralità e di essere insieme." Oggi del resto non si tratta più di rivendicare parità ma di essere in grado di attuare il superamento del paradigma soggetto-oggetto e di riconoscere l’elemento dinamico del femminile, inteso come non coincidenza fra sé e sé. Si tratterebbe di una sorta di femminismo della differenza, il considerare l’altro “termine” in una relazione di scambio e di transizione reciproci ci ha rese davvero libere.
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