IL Delfino rosa di Marcia Theophilo
È dalle acque che
emergono le più grandi ispirazioni mitologiche: perché l’acqua è vita, da
sempre e anche adesso che l’uomo la sta inquinando. È il linguaggio proprio del
canto delle acque: associazione nitida e fantastica degli elementi
concreti e irraggiungibili della natura. Lo spirito del cosmo è naturalmente
insito nei fiumi, nei mari. I miti, infatti, sono reali perché attraversano
ogni materia e spiegano la ragione di essere del mondo, degli esseri viventi e
delle cose, dei fatti passati e presenti. I miti sono popolati da personaggi
che incidenti geografici hanno creato o trasformato in esseri viventi, che
hanno insegnato tecniche e istituito ordini sociali. Costituiscono un legame
fra il mondo terreno e quello trascendente attraverso quel dialogo intimo e
naturale che gli antichi popoli stabilivano con l’universo. È così che natura e
storia si conoscono e si incontrano. Il Boto, unico esempio di delfino fluviale
è anche un mito legato all’acqua e alla seduzione. Vive nel Rio delle Amazzoni
e la sua particolare bellezza è dovuta al colore rosa. «Quando nelle sue notti
di fuoco Yací spaventata si sveglia / Boto si trasforma / in guerriero e invade
il suo letto. Le voci soffocate / nel buio, cresce il silenzio, serpente lui si
arrotola / e si avvolge al suo corpo / Poco a poco sale sinuoso, tra le carezze
ammorbidendo / l'asprezza delle squame. / Fra i suoi lunghi capelli s'alza
dicendo: amore mio / E pietra, è acqua. / Dov'è il suo nido? Navigando fra
foglie / archi cipressi lo raggiunge in delirio, / togliendole il respiro:
nuvola lei, polpa di frutta matura, / odori selvaggi e colori. / Pensieri senza
senso esaltano il suo corpo: / i suoi sensi sette balzi di gatto lascivo, /
s'interroga, pensa, singhiozza tra le trecce. / Yacì gli abbraccia le cosce dorate.
/ Molto lontano comincia il tuo fiume Boto. / In disaccordo s'incrociano
sguardi profondi, / Lei cerca forza nelle sue viscere. / Le unghie lacerano i
fianchi, le gambe, la schiena di Boto: / Vendetta bramata. / Ascolta il suo
nome sussurrato da lui: Yací. / Boto senza rimorso ferisce e lei si scioglie. /
Lo cerca nelle notti senza riposo, / nei giorni seguenti arriva inatteso. / Lui
appare e lei si esalta. / Cavalli, nidi, uccelli, farfalle, / legni, monti,
rami, sfere ruscelli / Boto metà acqua / metà pesce e metà uomo. / Quando ama
tocca il fondo del fiume, cavalca travolto / dalle acque, inonda gli arbusti
tra le isole. / Yacì stringe le squame fra le braccia / pesce che fugge, sapore
di acqua e frutti di mare / Boto, pesce sale-sole-sale. Vita. Respiro».
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