sabato 15 settembre 2012

Analisi del libro di Edth Wharton L'età dell'innocenza


Il piacere della lettura – 5) “L’età dell’innocenza” di Edith Wharton

Vi propongo un esempio di analisi strutturale per capire ed approfondire le tematiche del libro, prendendo in considerazione le schede proposte nei precedenti incontri.

- Lo stile
L’autrice adotta un registro linguistico medio-alto, con una scelta lessicale in genere ampia e varia. Ne possiamo trovare un esempio in questo brano:

Una lingua di fiamma serpeggiò tra i ceppi ed  Ellen si chinò in avanti, tenendo le mani sottili così vicine al fuoco che un debole alone di luce rischiarò le sue unghie ovali e diede una sfumatura rossiccia ai riccioli bruni che sfuggivano dalle trecce, facendo sembrare il volto più pallido.

Riguardo alla sintassi, l’autrice adotta la costruzione paratattica  (vedi sopra), usata nelle descrizioni (salotti newyorchesi, teatro dell’opera, abbigliamento etc.) e in genere nei momenti in cui vuole rallentare il ritmo, dopo una sequenza o un dialogo particolarmente intenso e drammatico. Questi periodi lunghi e ricchi di subordinate vengono alternati con altri di tipo ipotattico, soprattutto nei dialoghi tra i due protagonisti:

“Voglio essere libera, voglio cancellare tutto il passato.”
“Lo capisco”
Il volto di lei divenne più espressivo e fiducioso: “Allora mi aiuterà?”
“Prima di tutto…” egli esitò, “dovrei saperne qualcosa di più”
Sembrò sorpresa. “Lei sa di mio marito… della mia vita con lui?”.

In genere la Wharton vuole descrivere una società raffinata e quindi utilizza un registro raffinato, soprattutto nel linguaggio formale dei personaggi. E’ vero che spesso vi sono, al di là del linguaggio usato, pesanti allusioni:

Newland l’aveva lasciata, quella sera, con la convinzione che l’accusa del conte Olenski non fosse infondata. La persona misteriosa che figurava nel passato della moglie come “il segretario” non era probabilmente rimasta senza ricompensa per la parte avuta nella fuga.

-  Il narratore ed il punto di vista

Il narratore che racconta la storia è estraneo alla vicenda, infatti la storia viene narrata in terza persona.

Una sera di gennaio, verso l’anno 1870, Cristina Nilsson cantava nel Faust all’Accademia musicale di New York.

 La lettura del libro però non può non lasciare l’impressione che sia Newland Archer a raccontare; infatti per tutto il libro l’autrice adotta prevalentemente il punto di vista interno, cioè ci presenta la vicenda soprattutto dal punto di vista del protagonista maschile. Ad esempio, nel finale, non si capiscono subito le ragioni della decisione improvvisa di Ellen Olenska di partire per l’Europa. Il lettore riesce a capirlo solo quando la moglie May confida al marito di aver annunciato alla contessa Olenska la futura maternità; solo allora Newland (e con lui il lettore) capisce la strategia della moglie e il perché dell’improvvisa partenza.
Non è quindi un caso che nel testo sia molto usato il monologo interiore, quasi interamente da parte di Newland Archer:
Non serviva a nulla cercare di emancipare una moglie che non aveva il più pallido sospetto di non essere libera.
E se la “modestia”, portata ad un grado estremo, fosse solo negativa, come una cortina che nasconde il vuoto? Guardò May, che tornava accaldata e calma dall’aver fatto centro per l’ultima volta, e provò la sensazione di non aver mai sollevata quella cortina.

- Presentazione dei personaggi
I personaggi sono presentati prevalentemente in modo classico, da romanzo dell’800, dal narratore esterno, che si premura soprattutto di descriverne il ruolo e l’importanza all’interno della società newyorchese. Una importante eccezione è il personaggio di May, che viene spesso presentata in modo indiretto, cioè attraverso i giudizi, non sempre benevoli, del marito. (vedi l’esempio precedente)
Antologia critica sul romanzo e sull’opera dell’autrice:

Edith Wharton pubblica versi e racconti, avendo prima come “modello” Henry James, che per primo ha impostato in termini narrativi il cosiddetto “tema internazionale”, (sui rapporti tra americani più semplici e “innocenti” ed europei più colti e raffinati, ma spesso anche più “corrotti”).

Notò con sagacia R. W. B. Lewis nel 1934 che la “grande dame” della letteratura statunitense di questo secolo non vuole stravolgere nulla. E’ ben lontana, a differenza di Virginia Woolf, dallo scardinatore Joyce. E anche rispetto a David Herbert Lawrence, il quale pure trattò il medesimo tema, conserva una fortissima autonomia. Ricorda semmai i novellisti francesi del secolo scorso secondo i quali, appunto, la forma precede tutto, compresa introspezione e sviluppo narrativo. … Certo E. Wharton non ha nessuna intenzione di comporre l’antico contrasto tra pulsioni naturali e statuto sociale, visto che da quella ferita prende alimento espressivo.
Eraldo Affinati, introduzione a “La scogliera”, 1995.

L’osservazione rivolta da Fitzgerald a Wharton, e cioè che uno scrittore non può mai rappresentare in modo realistico una realtà senza viverla davvero, ci ricorda che uno tra i più importanti meriti letterari attribuiti a Edith Wharton attiene al suo ruolo di cronista dei costumi sociali, di memoria storica della elitè della East Coast durante l’epoca della loro più fulgida prospettiva. Così Irving Hove scrive che “Edith Wharton raccontò quello specchio di mondo  americano a cui apparteneva con un’autorevolezza superata soltanto da pochi altri romanzieri, poiché lei era una di quei due o tre letterati che conoscevano in modo completo e per esperienza diretta come si svolgeva davvero la vita dei ricchi del nostro paese.”
Eric Homberger, in Edith Wharton e il declino dell’aristocrazia, 1955

“L’età dell’innocenza” analizza le difficoltà di due amanti divisi dai pregiudizi dell’ambiente sociale. Scritto nel 1919, quando ancora durava penosamente il vuoto lasciato nella vita della W. dalla scomparsa del grande amico Henry James, questo romanzo proietta il “tema internazionale” jamesiano sulla scena di New York, che agli occhi disperati degli amanti assume cupezze di necropoli. Vittime delle condizioni tribali del loro gruppo sociale, le eroine e gli eroi della W. sono destinati, dopo aver sperimentato la grazia della rivelazione amorosa, alla rassegnazione e alla morte in vita.

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