Figlia
Sono figlia del tiranno
del barbaro dell’uomo delle caverne
figlia della sua ira
dell’avida gola
e lo slancio vitale
chiuso nell’alveo rosso dell’umore
stringe il polso
ferma il passo
mi dispiace, Silvia Plath
il tuo volto ancillare
chino sul forno acceso
siamo figlie della distratta prepotenza
dell’insana distrazione
figlie del danno subito e poi taciuto
la mandorla acida laccio molesto
siede sul cuore
il vertice ficcato nell’anima
chiodo e scure che taglia
squarcia il gesto alato
cammino
con il mio fardello sulla schiena
e mai come oggi
il futuro e il sogno
sono spille preziose
sul mio petto
Floriana Coppola
Ecco il varco, vai adorata apripista con le tue spille preziose su spalle sostanziose...
RispondiEliminaAnna Laura Bobbi
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaSplendidi, leggeri versi che ci riportano a una civiltà patriarcale preistorica e storica, che abbiamo anche studiato e letto su tanti libri. Ma è la nostra vita, divenuta ormai granelli di memoria, che ci spinge a riprendere in mano i sogni utopici, che potevamo immaginare nei vari scritti e documenti, opere d'arte, cinema, teatro. Ora potremmo anche ricominciare a costruirci un'utopica atlantide, ma sentiamo ancora un peso su di noi, un dolore di violenze subite di madre in madre,di figlia in figlia, così come l'ha sentita Sylvia Plath, tanto da non liberarsi mai,finchè non infilò la sua testa nel forno a gas. Era ancora la figlia del tiranno, un tiranno innamorato, ma sempre arrogante. E,quando l'amore dilegua, rimpiangeremo il tiranno, o morirà prima lui. Solo unendo le forze, uccideremo il tiranno che non vuole morire in una società semipatriarcale!
RispondiElimina