lunedì 7 maggio 2012

Figlia

Figlia


Sono figlia del tiranno
del barbaro dell’uomo delle caverne
figlia della sua ira
dell’avida gola
e lo slancio vitale
chiuso nell’alveo rosso dell’umore
stringe il polso
ferma il passo

mi dispiace, Silvia Plath
il tuo volto ancillare
chino sul forno acceso

siamo figlie della distratta prepotenza
dell’insana distrazione
                                                                            figlie del danno subito e poi taciuto

la mandorla acida laccio molesto
siede sul  cuore
il vertice ficcato nell’anima
chiodo e scure che taglia
squarcia il gesto alato

cammino
con il mio fardello sulla schiena
e mai come oggi
il futuro e il sogno
sono spille preziose
sul mio petto


Floriana Coppola

3 commenti:

  1. Ecco il varco, vai adorata apripista con le tue spille preziose su spalle sostanziose...
    Anna Laura Bobbi

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Splendidi, leggeri versi che ci riportano a una civiltà patriarcale preistorica e storica, che abbiamo anche studiato e letto su tanti libri. Ma è la nostra vita, divenuta ormai granelli di memoria, che ci spinge a riprendere in mano i sogni utopici, che potevamo immaginare nei vari scritti e documenti, opere d'arte, cinema, teatro. Ora potremmo anche ricominciare a costruirci un'utopica atlantide, ma sentiamo ancora un peso su di noi, un dolore di violenze subite di madre in madre,di figlia in figlia, così come l'ha sentita Sylvia Plath, tanto da non liberarsi mai,finchè non infilò la sua testa nel forno a gas. Era ancora la figlia del tiranno, un tiranno innamorato, ma sempre arrogante. E,quando l'amore dilegua, rimpiangeremo il tiranno, o morirà prima lui. Solo unendo le forze, uccideremo il tiranno che non vuole morire in una società semipatriarcale!

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